Saragolla-Trigo duro de ciclo corto

Saragolla-Trigo duro de ciclo corto

Escrito por Ferran Sala en Pasta

Saragolla, una varietà di grano duro da provare!
Da un po’ volevo scrivere di una varietà di grano duro che ho seminato, in questa annata, su una elevata superficie in azienda. Ebbene, essa mi ha entusiasmato. Su terreni di varia natura e con apporti di concime moderati ha sempre stracciato le varietà più diffuse che tradizionalmente semino da parecchi anni.

Posso dirvi che non si tratta peraltro di un exploit isolato dovuto all’effetto annata, in quanto sono almeno due anni che la seguo nei campi dei miei vicini, spesso più aggiornati ed innovativi di me, sempre con risultati lusinghieri.
Esattamente come è riportato nella scheda tecnica del costitutore, il Saragolla è caratterizzato da una elevatissima potenzialità produttiva accompagnato da una elevata qualità (quando naturalmente gli apporti azotati sono congrui), insieme ad una rusticità ed a una resistenza alle malattie fungine notevolissime (tale da rendere superflui i trattamenti con fungicidi nei nostri ambienti). E’ a ciclo molto precoce e ciò accentua la resistenza alle malattie, di taglia media ma resistente all’allettamento, dotata di glume e glumette molto aderenti in grado di proteggere la cariosside da fenomeni di slavatura pre-raccolta (tipo il vecchio Creso, per intenderci da questo punto di vista).
Le medie di resa della mia azienda, sempre con apporti di azoto moderati e somministrato solo in copertura (la concimazione presemina è sconsigliata, in quanto inefficace, almeno su questa varietà), sono variate dai 20 q/ha nei terreni più poveri e marginali ai 60 q/ha dei terreni migliori con appena 1,5 q/ha di urea in copertura. Sui terreni migliori avrei tranquillamente potuto spingere la produzione ancora di più, aggiungendo un ulteriore 0,5 q/ha di urea (ma non avevo idea della fuoriserie che avevo al volante). Ho notato, infatti, dove le rese sono state massime la presenza di elevate percentuali di cariossidi bianconate (tipiche manifestazioni di deficit azotati). In condizioni ottimali, può tranquillamente produrre, con annate piovose come le ultime, 80 q/ha su terreni fertili, e con congrui apporti nutritivi (visto da me, non sono favole).
Insomma una mezza rivoluzione varietale, a mio parere. Peraltro apprezzabile anche dai dati di diffusione ENSE delle sementi di grano duro degli ultimi anni. Il Saragolla è l’unica varietà moderna, che cresce e si afferma rispetto alle solite tradizionali.
La consiglio soprattutto sui terreni con esposizione a scirocco, e sui terreni pianeggianti nei quali si sviluppano, a causa delle condizioni di umidità più accentuate, ancora più spesso infezioni fungine.

 

Per evitare confusione, quella di cui scrivo, è la varietà Saragolla della Produttori Sementi Bologna, frutto di un incrocio tradizionale tra Iride ed una linea della stessa azienda (PSB 0114). Ne esiste infatti un’altra antichissima coltivata nella zona dell’Irpinia con lo stesso nome (ma evidentemente non registrata). Il nome Saragolla veniva dal bulgaro sarga (giallo) e golyo (seme) e produceva delle granelle ottime per la pasta già nel Medioevo.

http://durodisicilia.blogspot.com.es/2011/08/saragolla-una-varieta-di-grano-duro-da.html

 

Saragolla


• Producción elevada y estable tanto en el norte como en el
sur: 109,1% testigos GENVCE 2006-2007; en los ensayos
oficiales de Italia número I en todas las zonas.
• Ha superado los ensayos de calidad en España desde el
primer año.
• Gran adaptabilidad, alcanza los máximos índices en gluten,
vitrosidad y coloración (amarillo).
% proteínas 14-15
Gluten >75
Índice amarillo >24
Peso específico >77-78
PMG 39-42
http://www.maisadour-semences.fr/pdf-varietes/es-cereales-1259576281.pdf


La saragolla è un cereale “antenato” dei moderni grani duri.

Fu introdotta in Abruzzo dalle popolazioni proto bulgare di Altzec, che provenivano dall’Egitto nel 400 d.C.; la stessa denominazione Saragolla è bulgara, composta da SARGA = giallo e GOLYO = seme e significa letteralmente “giallo chicco”. Un grano molto speciale, duro e vitreo come l’ambra, che produceva farine color giallo intenso; cominciò a diffondersi nelle regioni centro-orientali d’Italia.

Dal medioevo fino al XVIII secolo numerosi documenti storici lodano le qualità dei grani chiamati “Saragolla”: fra le varietà conosciute, la Zingaresca, la Bulgara, la Bulgara di Capo Palinuro, la Saragolletta del Sannio, quella che destava maggior interesse era la Saragolla Turchesco per le sue doti di resistenza ai parassiti, refrattaria all’allettamento, alla stretta della ruggine.
Nel 1801 (l’abate) Bernardo Quartapelle nel suo trattato “I Principi Della Vegetazione Ovvero Come Coltivar La Terra Per Trarre Da Essa Il Maggior Possibile Frutto” riporta che nell’Agro Pretuziano (antica denominazione della Provincia di Teramo) “… I nostri agricoltori distinguono diverse specie di grani, chiamandone altri duri altri bianchi. Fra i primi occupa il principal luogo la Saragolla, i cui acini sono lunghetti sodi, e di color biondo … Le migliori saragolle del nostro Regno … ottime per fare paste, si seminano in Novembre e Dicembre. E’ un grano lungo, gialliccio, e di gran durata…”.
Tuttavia a partire dalla fine del ‘700 comincia per la Saragolla un periodo di oblio: le conquiste coloniali e l’incremento demografico favoriscono le importazioni di pregiati grani duri dal Nord Africa e dal Medio Oriente, relegando la coltivazione della Saragolla nelle piccole proprietà contadine dell’Abruzzo collinare dove sopravvive grazie alla “selezione massale” (i chicchi migliori erano conservati per la semina dell’anno successivo).
Nel XX secolo, l’avvento delle tecniche di ibridazione delle spighe introdotte dal Senatore Cappelli hanno accentuato l’emarginazione della coltura dei “cereali minori” (minori per quantità prodotte e non certo per la qualità!): la saragolla, il farro, la segale, la solina.
Attualmente la Saragolla, grazie al servizio tecnico dell’Azienda Agricola Gioie di Fattoria, è sottoposta al vaglio degli esperti di alimentazione di università italiane, dove si studiano le differenti qualità nutrizionali comparate con altri grani duri “moderni”.
Note degustative

Pasta integrale d’elite dal gusto fragrante, regge molto bene alla cottura, è particolarmente ruvida consentendo di trattenere il sapore dei condimenti in maniera eccezionale.
E’ geneticamente assimilabile al Kamut e con caratteristiche molto simili al grano duro Senatore Cappelli, che ha in gran parte sostituito la saragolla nel Novecento. La pasta di saragolla è ricca di proteine vegetali ma
povera di glutine, è particolarmente digeribile grazie alla sua semplice struttura biologica, ottima per tutti, particolarmente raccomandata agli insofferenti al glutine e a tutti coloro che soffrono di gonfiori di stomaco, ma non ai celiaci.
Umidità: 7,39%
Sostanza secca: 92,61%
Cellulosa greggia: 0,41%
Pasta di Grano Saragolla
Da sfarinato integrale ottenuto dalla macinazione a pietra
di grani perlati coltivati in provincia di Teramo
spaghetti – bucatini – linguine – fusilli – mezzemaniche – penne
Giulio Amadio Fiore, perito agrario, esperto nella coltivazione e lavorazione dei cereali antichi, ha riscoperto da pochi anni un grano duro, la Saragolla, per molto tempo dimenticato in Italia ma introdotto in Abruzzo fin dal 400 d.C. dalle popolazioni protobulgare Altzec, con straordinarie caratteristiche organolettiche (maggior contenuto di proteine, lipidi e sali minerali), che ne fanno una materia prima eccezionale per la produzione di paste.
La coltivazione avviene secondo un rigido Disciplinare di Produzione dai contadini delle colline teramane, dove l’azienda Fiore segue direttamente l’intero ciclo, dalla semina al raccolto e al conferimento al suo mulino, nel rispetto rigoroso di un’agricoltura ecocompatibile.
Lavorazione: il processo è volto a non alterare le superiori caratteristiche delle materie prime.
I grani prima di essere macinati integralmente e a pietra, vengono ventilati e leggermente decorticati (perlatura) affinché solo le parti più esterne e indigeribili (lignina e crusche superficiali) siano eliminate lasciando intatta la qualità nutritiva del cereale integrale (metodo G.A.Fiore). La successiva setacciatura rotativa a flusso d’aria precede il passaggio nel mulino a mole di pietra che ruota a basso numero di giri, separatamente dalla biopulitura a secco, permettendo la più bassa temperatura di esecuzione possibile, in modo da non alterare le caratteristiche della materia prima.
Poi con tale farina, presso pastificio tradizionale, viene prodotta la pasta con processo di trafilazione al bronzo e essiccatoi discontinui a bassa temperatura.
http://www.donnagnora.it/Home/IPRODOTTI/PastePaneeTaralli/Pastasaragolla.aspx
Descrizione
Saragolla è una varietà di grano duro con un ciclo precoce ed un potenziale produttivo elevato e stabile.Profilo TecnicoEpoca di spigaturaprecoceAltezza piantamediaAllettamentoresistenteOidiotolleranteSeptoriatolleranteRuggine brunatolleranteDanni da freddoresistentePotenziale produttivoelevatoPeso ettolitricoeccellenteContenuto proteicoeccellenteIndice di gialloeccellenteGlutineeccellenteConsigli di gestione agronomicaAreale di coltivazione tutta Italia
Densità di seme 400/450 semi germinabili x mq
Epoca di semina fine Nord: fine Ottobre/Novembre – Centro Sud: Novembre
Per semine in epoca ritardata Dicembre/Gennaio aumentare progressivamente la quantità di seme per ha.
Frazionare la concimazione azotata nel modo seguente:
1/4 inizio accestimento, 1/2 fine accestimento / levata, 1/4 botticella
http://www.manganelli.it/saragolla.aspx
Kamut o grano Saragolla?Perché non acquistare quello italiano?
Molte le leggende sulla Kamut: che è un marchio registrato del Nord America e non una qualità cerealicola che si coltiva anche in Italia con un altro nomemercoledì 18 aprile 2012
Foto di:
La foto è tratta dal sito internet: pastamadre.blogspot.com

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T ra Lucania, Sannio e Abruzzo era coltivato, e per piccole superfici terriere lo è ancora oggi, un tipo di grano Khorasan, Triticum Polonicum, il cui nome è Saragolla.
Questo è un grano molto simile a quello della Kamut, per cui la domanda nasce spontanea: visto che anche in Italia abbiamo delle qualità autoctone molto simili, per quale motivo dovremmo acquistare grano Kamut e suoi derivati?
Non c’è un motivo reale, tranne forse il fatto che la capillarità distributiva – e di marketing – dell’azienda americana è davvero notevole.
Questa questione è stata anche sollevata dai Gruppi D’Acquisto Solidale che hanno preferito rinunciare o limitare le farine della Kamut, cercando piuttosto sul territorio antiche varietà come la Saragolla. Questo per vari motivi: perché privatizzare un seme è un’azione che solleva dubbi e interrogativi; perché un cerale a km 0 è da preferire a uno che giunge dall’altro capo del mondo; perché un cereale autoctono, come qualsiasi altro prodotto, aiuta un agricoltore locale e il territorio locale che si riappropria di biodiversità e tradizione.
Inoltre, vogliamo ricordarvi che sono molti i grani di origine antica che in Italia si sta cercando di recuperare: per citarne solo alcuni, il grano Verna o il Senatore Cappelli.
Ma cerchiamo di capire che cos’è il grano della Kamut che non è il nome del cereale ma, bensì, il marchio con il quale un’azienda americana del Montana, la Kamut International ltd, produce e commercializza una varietà di frumento, il Triticum turgidum ssp. Turanicum.
Il nome popolare del Triticum turgidum ssp. Turanicum è grano rosso khorasan di origine iraniana ed ha caratteristiche simili agli altri grani “dicocchi” esistenti, come il farro (Triticum dicoccum) o il grano duro (Triticum durum o Triticum turgidum).
I primissimi 32 semi dai quali è partita tutta la storia della Kamut International furono regalati a Earl Dedman, aviatore americano, da un amico in spedizione in Egitto. Erano semi “puri”, mai modificati dall’uomo, non ibridati.
E puri sono arrivati fino ad oggi grazie a un lavoro di conservazione e coltivazione da parte della stessa Kamut International, almeno questo è ciò che l’azienda dichiara quando si parla della diversità tra il khorasan in commercio e quello da essa prodotto.
Il marchio è stato registrato nel 1991 con una precisa regola: solo il grano della varietà Turgidum ssp. Turanicum, coltivato da agricoltori associati, selezionati e con il seme distribuito loro dall’azienda medesima, poteva chiamarsi Kamut.
Tutti i terreni coltivati con Khorasan Kamut si trovano nel Nord America, Montana, Alberta e Saskatchewan: qui, aria, acqua e terra raggiungono un grado di perfezione tale da poter dare vita a questa peculiare varietà cerealicola.
Sul sito della Kamut International, www.kamut.com/it, si possono leggere alcune delle regole e caratteristiche che la coltivazione e la resa deve avere:

•Deve essere coltivato rigorosamente secondo il metodo dell’agricoltura certificata biologica;
•Contiene un range di proteine fra il 12 e il 18%;
•È puro al 99% da contaminazioni con varietà di grano moderne;
•È al 98% privo di segni di malattia;
•Contiene tra i 400 e 1000 ppb di selenio;
•Non può essere utilizzato in prodotti il cui nome sia ingannevole o fuorviante sulla percentuale di esso contenuta;
•Non deve essere mescolato a grano moderno nella pasta.
Gli agricoltori che chiedono di associarsi alla produzione devono garantire gli standard qualitativi che l’azienda richiede affinché sia mantenuta alta la qualità del chicco. Tutta la filiera viene controllata dalle varie filiali, una anche in Europa che si occupa appunto di vigilare su coloro che sono addetti alla macinazione e alla trasformazione di questo grano.
L’alta digeribilità di questo grano, secondo studi condotti dalla stessa Kamut International e a detta di molti consumatori, è dovuta proprio al fatto che, rispetto ai grani utilizzati dalla grande distribuzione, il Khorasan a marchio Kamut non è mai stato ibridato e quindi puro.
Molte sono le polemiche nate dal fatto che sia coltivato solo in nord America, ma la Kamut International tiene a precisare che sono più di 20 i paesi europei nei quali si è tentato l’esperimento, ahimé senza successo a causa delle condizioni territoriali e climatiche non idonee.
Tra i falsi miti sul Kamut, quelli più importanti da sfatare sono che non è assolutamente un grano assimilabile dai celiaci, poiché contiene glutine, e che non è stato ritrovato nelle antiche tombe egizie.
È vero, invece, che da un punto di vista nutrizionale è un ottimo alimento, né migliore né peggiore, ma sicuramente valido per un’alimentazione varia e biodiversa.
È ricco di proteine e sali minerali come il prezioso selenio (la terra nord americana ne è ricca), lo zinco e il manganese, vitamine, la B1 e la E in prima fila, fibra e ben il 17% del chicco è formato da carboidrati, caratteristica che lo rende un alimento per chi conduce una vita molto movimentata o atleti
http://www.stilenaturale.com/news/1368/Kamut-o-grano-SaragollaPerch%C3%A9-non-acquistare-quello-italiano.html



La saragolla è un’antica varietà di grano duro, ancora oggi coltivata nelle aree interne del Sannio, in provincia di Benevento, da cui prende il nome un pane di segale prodotto in questa zona, caratterizzato da una mollica giallo paglierino particolarmente morbida e da una crosta molto croccante. La sua produzione è molto antica ed è rimasta invariata negli anni: si ottiene aggiungendo la semola al criscito, il lievito ottenuto dalla pasta acida della lavorazione precedente. La massa viene, poi, tenuta al caldo per tutta la notte a lievitare e poi impastata di nuovo con l’aggiunta di altra semola, acqua, lievito di birra e sale. In seguito avviene la seconda lievitazione che dura circa 3-4 ore. Si procede, al termine della lavorazione, alla formazione di pagnotte rotonde, che vengono segnate con tagli trasversali e poi infornate nel forno a legna. Oltre ad essere consumato quotidianamente, grazie al suo sapore deciso, il pane di saragolla è particolarmente indicato come base su cui provare l’olio nuovo e le numerose tipologie di formaggi e salumi prodotti nella zona.

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